C'era una volta un contadino, di quelli vecchi e saggi, di quelli con il cuore e le mani d'oro.
Ogni mattina il contadino indossava la sua camicia di flanella a quadrettoni rossi ed un cappello di paglia per ripararsi dal sole.
Camminava fino ai campi, poi si rimboccava le maniche, e cominciava a lavorare la terra.
Mieteva il fieno per i suoi cavalli e per le capre, sgranava le pannocchie secche degli anni precedenti e dava i chicchi alle galline.
Ogni volta che entrava nel recinto delle galline si guardava bene dall'avvicinarsi troppo al galletto, bello e fiero, ma terribilmente attaccabrighe.
Il contadino mungeva le sue pecore dal soffice manto bianco e ricciuto, portava il latte ancora caldo in casa e lo lasciava nelle sapienti mani della moglie.
La moglie, una signora tutta d'un pezzo, lavorava da mattina a sera, portava il grano al mulino e tornava con l'asinello carico di sacchi di farina, si alzava presto la mattina, prima del marito, per fare il pane.
Accendeva il forno a legna, con la legna che il marito aveva raccolto e spaccato, impastava con energia la farina con l'acqua, e poi, pian piano, infornava tante pagnotte, che in pochi minuti uscivano dal forno dorate e profumate.
Erano tempi in cui ci si alzava ancora presto, all'alba si diceva, prima di sentir cantare il gallo, che poi l'alba non era, perchè quando si alzavano i contadini il gallo dormiva ancora, e profondamente anche.
Tempi in cui con gli asinelli carichi di pagnotte, latte appena munto e vasetti di panna fresca le contadine andavano in paese a vender tutto, e tornavano con qualche moneta.
E l'asinello andava su e giu per la collina, sul vialetto sterrato e polveroso lambito dall'erba, portava cesti di frutta e verdura di stagione, portava latte e formaggi.
Poi, quando la contadina tornava a casa dal suo amato contadino, non c'era tanto tempo per pranzare, il lavoro da fare era ancora tanto, ed il sole cominciava già a calare.
Così, la comntadina, tirava fuori dal paniere una pagnotta croccante avvolta in un canovaccio e la portava in tavola su un gran tagliere di legno, il contadino rincasava con un bel paniere di pere ramate, e la contadina tagliava a fette il formaggio preparato con il late delle sue pecorelle.
Ma chi l'ha detto: "al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere" !?!
Il tagliere di formaggi è la cosa più semplice che ci sia, la si prepara in un batter d'occhio, è buonissimo, ed è quella che io definisco "ricetta-nonricetta" perchè si prende qualcosa e la si serve sul piatto così com'è.
In questo caso mi sono munita di 8 tipi diversi di formaggi stagionati, semi-stagionati ed uno fresco.
Un pecorino stagionato nelle foglie di noce,
2 fomaggi ubriachi, uno stagionato con il barolo ed uno, il barone rosso, senza ombra di dubbio il mio preferito, a pasta semidura affinato in mosto di uva Barbera, una produzione limitata da sogno...
Un ubriaco di Amarone in produzione limitata, un asiago stravecchio, un pecorino al tartufo, un formaggio Toni Ramati a pasta molle fatto con latte vaccino intero, affinato in birra doppio malto, un altro dal nome poetico "vento d'estate" affinato con il fieno di montagna...
Servite il tagliere di formaggi accompagnandolo da confetture e miele, da pere e fichi, insieme ai fichi, potete servire anche salame e prosciutto.
Servite il tutto con un buon vino rosso corposo, ed avrete un ottimo antipasto o un'idea originale e sfiziosa per un aperitivo.
Ciao mon amour, bellissimo questo tagliere, mi piace tanto abbinare i formaggi alla frutta e anche alle marmellate, gnam!Un bacione
RispondiEliminaHahahah, ero sul tuo blog quando hai scritto questo commento, telepatia!!!
RispondiEliminaBaci!