C’è una tappa di Canelli che proprio non può mancare agli
amanti del buon cibo e dell’arte, sto parlando dell’Osteria dei Meravigliati, il
ristorante dell’Enoteca regionale di Canelli e Astesana aperta nel Palazzo
ottocentesco Giuliani, sono Elena Romano e Fabio Fassio reduci dall’aver creato
una nuova formula di ristorazione unendo teatro e cucina al “Tambass” di Rocca
d’Arazzo ad aver voluto rivoluzionare gli ambienti per cercare di meravigliare
con cose semplici e con piatti tradizionali i commensali, e ci sono riusciti
anche grazie al contributo di Pia e Polina Bosca che hanno finanziato il
restauro della sala grande, dove l’artista artigiano Antonio Catalano ha
realizzato quella che tutti in città e dintorni conoscono come “la cappella dei
meravigliati”, la stanza è completamente affrescata con immagini astratte, ogni
sedia riporta una sua personale frase, il lampadario immenso con cristalli
troneggia sulla tavola, insomma, c’è veramente da restare meravigliati!
La cucina è affidata allo chef Flavio Corso che propone
piatti della tradizione eseguiti con maestria, utilizzando prodotti del luogo,
una cucina che nella sua sensibilità stupisce, a noi è stato proposto il pranzo
con in abbinamento le etichette Bosca di cui la cantina è ben fornita, pranzare
qui è un ottimo modo per visitare un posto unico al mondo e godersi il meglio
dei prodotti che il territorio ha da offrire.
Per gli amanti del buon vivere e dell’ottimo vino c’è invece
il Relais San Maurizio, collocato in un antico monastero del XVII secolo ed
immerso nella pace e nell’armonia della natura circostante, qui nel 1919 un
gruppo di monaci cistercensi costruì un monastero sui resti di un' antica cappella
edificata su una collina che dominava le Langhe, ben presto da territorio
abbandonato si trasformò in luogo di lavoro e preghiera, le mani esperte dei
monaci resero fertile la collina, iniziarono così a coltivare la vite, erbe
officinali, spezie e cereali antichi; nel 1862 il monastero venne acquistato
dai conti Incisa e trasformato in dimora privata, ma è solo nel 2002 che il
monastero diventa come oggi tutti lo conoscono, dopo ben 4 anni di restauro
conservativo che ha permesso di portare alla luce l’antico patrimonio
architettonico del monastero, mantenendo la cappella e la struttura originale
diventando il Relais San Maurizio, ora, potrei parlarvi dello splendido
soggiorno che potreste passare qui, o del meraviglioso panorama, della spa,
delle lussuose camere, ma sono tutte cose che potreste tranquillamente e
facilmente trovare su internet, vi parlerò invece di una chicca che interesserà
molto gli amanti del vino.
È incredibile come dopo 4 secoli di storia qui oggi si
continui a vivere in un posto che sembra fuori dal mondo e dal tempo, sotto la
cappella si trova la cantina dove riposano le migliori etichette di zona e non
solo, se avrete occasione di visitarla noterete delle laste con incisa sopra la
data della costruzione, da alcuni piccoli fori è possibile ammirare centinaia
di bottiglie messe in fila in bell’ordine ad attendere di essere bevute e
degustate, magari ammirando il panorama che si gode dalla collina, o al
ristorante del Relais.
Roccaverano
Il nostro viaggio è poi proseguito per Roccaverano, una
tappa che non poteva di certo mancare per chi è goloso di prelibatezze casearie,
qui nel 1800 il re Vittorio Emanuele II di Savoia dopo una battuta di caccia
amava sostare presso le fattorie per mangiare prodotti tipici con i contadini.
Roccaverano è un comune Piemontese
di 392 abitanti della provincia di Asti, è famoso per essere la zona di
produzione del formaggio detto Robiola di Roccaverano e per essere il comune
astigiano ad altitudine più elevata, circa 800 metri sul livello del mare.
È la piccola capitale della Langa
Astigiana, il paese più alto, circondato dalla chiostra di torri che hanno
costituito per secoli la sua difesa, immerso tra i boschi, qui si respira la
storia e si gusta il formaggio!
Diciamocelo, un buon formaggio è
sempre ben accetto quando si sorseggia un buon vino, e qui è nata un’eccellenza,
che abbiate davanti un calice di Barolo, Barbaresco, Dolcetto, Nebbiolo o
Barbera, qualcosa da mettere sotto i denti non può mancare, certo i più sceglieranno
magari una bruschetta al tartufo bianco d’Alba, altra eccellenza del territorio,
ma chi la sa lunga sa che è a Roccaverano che si trova uno dei migliori
formaggi del mondo: compatta ma cremosa, stagionata in foglie di vite o sotto
la cenere, cavallo di battaglia di chef stellati, la robiola di Roccaverano è
uno dei formaggi più amati al mondo.
Non ne assaggerete mai una uguale
all’altra, tra le varie forme esiste una straordinaria varietà di sottili
sapori che derivano dalle differenze di stagioni, terreno, altitudine…
La Robiola di Roccaverano
La Robiola di Roccaverano DOP è un formaggio caprino delle
Langhe astigiane, a pasta molle, edè un presidio Slow Food.
È un formaggio a pasta fresca e
tenera prodotto con solo latte di capra, o misto a pecora e vacca. che può
essere consumato fresco maturato 4-10
giorni o leggermente maturo affinato oltre gli 11, lo si può produrre solo in
alcuni Comuni della Provincia di Asti e di Alessandria, è un prodotto tutelato
in ogni sede istituzionale secondo quanto previsto dal Decreto del Ministero delle
Politiche Agricole e Forestali del 13 gennaio 2006 pubblicato sulla G.U. n. 27
del 2 febbraio 2006.
Le capre vivono allo stato brado
cibandosi di erbe e sterpaglie delle colline circostanti, perciò le differenze
tra una Robiola e l’altra sono rilevanti: i fiori, le erbe e la flora batterica
dei pascoli si trasferiscono nel formaggio, nel 1990 rimanevano soltanto 200
capi di capre di Roccaverano, ma ora proprio il rilancio del formaggio fatto
con il loro latte ha dato l’avvio a importanti iniziative per la loro
salvaguardia.
Nel 1899 il sacerdote Pistone
scrisse di questo formaggio nelle cronache della parrocchia di Roccaverano, anche
se le sue origine sarebbero da ricondurre molto più in là nel tempo, quando nel
territorio si insediarono i celti liguri, l’isolamento del borgo e i terreni
calcarei consentivano solo alle capre di pascolare libere, che necessitavano di
terreni incolti e non di pascoli, così si è iniziato a mungerle per produrre
formaggio, che in poco tempo ha iniziato a farsi conoscere in tutto il nord
Italia, in Francia e Svizzera.
Nei primi giorni di maturazione la
crosta è inesistente o con inizio di leggera fioritura bianca, affinato invece
presenta una maggiore fioritura e la crosta si presenta rugosa e color giallo
paglierino chiaro o tendente al rosso, il colore della pasta rimane sempre
bianco e diventa più cremoso mano a mano che matura.
Via Giovanni Battista Giuliani,
29, 14053 Canelli AT
Località San Maurizio, 39, 12058
Santo Stefano Belbo CN
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