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lunedì 9 marzo 2020

Tra Canelli e Roccaverano




C’è una tappa di Canelli che proprio non può mancare agli amanti del buon cibo e dell’arte, sto parlando dell’Osteria dei Meravigliati, il ristorante dell’Enoteca regionale di Canelli e Astesana aperta nel Palazzo ottocentesco Giuliani, sono Elena Romano e Fabio Fassio reduci dall’aver creato una nuova formula di ristorazione unendo teatro e cucina al “Tambass” di Rocca d’Arazzo ad aver voluto rivoluzionare gli ambienti per cercare di meravigliare con cose semplici e con piatti tradizionali i commensali, e ci sono riusciti anche grazie al contributo di Pia e Polina Bosca che hanno finanziato il restauro della sala grande, dove l’artista artigiano Antonio Catalano ha realizzato quella che tutti in città e dintorni conoscono come “la cappella dei meravigliati”, la stanza è completamente affrescata con immagini astratte, ogni sedia riporta una sua personale frase, il lampadario immenso con cristalli troneggia sulla tavola, insomma, c’è veramente da restare meravigliati!



 La cucina è affidata allo chef Flavio Corso che propone piatti della tradizione eseguiti con maestria, utilizzando prodotti del luogo, una cucina che nella sua sensibilità stupisce, a noi è stato proposto il pranzo con in abbinamento le etichette Bosca di cui la cantina è ben fornita, pranzare qui è un ottimo modo per visitare un posto unico al mondo e godersi il meglio dei prodotti che il territorio ha da offrire.
Per gli amanti del buon vivere e dell’ottimo vino c’è invece il Relais San Maurizio, collocato in un antico monastero del XVII secolo ed immerso nella pace e nell’armonia della natura circostante, qui nel 1919 un gruppo di monaci cistercensi costruì un monastero sui resti di un' antica cappella edificata su una collina che dominava le Langhe, ben presto da territorio abbandonato si trasformò in luogo di lavoro e preghiera, le mani esperte dei monaci resero fertile la collina, iniziarono così a coltivare la vite, erbe officinali, spezie e cereali antichi; nel 1862 il monastero venne acquistato dai conti Incisa e trasformato in dimora privata, ma è solo nel 2002 che il monastero diventa come oggi tutti lo conoscono, dopo ben 4 anni di restauro conservativo che ha permesso di portare alla luce l’antico patrimonio architettonico del monastero, mantenendo la cappella e la struttura originale diventando il Relais San Maurizio, ora, potrei parlarvi dello splendido soggiorno che potreste passare qui, o del meraviglioso panorama, della spa, delle lussuose camere, ma sono tutte cose che potreste tranquillamente e facilmente trovare su internet, vi parlerò invece di una chicca che interesserà molto gli amanti del vino.



 È incredibile come dopo 4 secoli di storia qui oggi si continui a vivere in un posto che sembra fuori dal mondo e dal tempo, sotto la cappella si trova la cantina dove riposano le migliori etichette di zona e non solo, se avrete occasione di visitarla noterete delle laste con incisa sopra la data della costruzione, da alcuni piccoli fori è possibile ammirare centinaia di bottiglie messe in fila in bell’ordine ad attendere di essere bevute e degustate, magari ammirando il panorama che si gode dalla collina, o al ristorante del Relais.






Roccaverano 



 Il nostro viaggio è poi proseguito per Roccaverano, una tappa che non poteva di certo mancare per chi è goloso di prelibatezze casearie, qui nel 1800 il re Vittorio Emanuele II di Savoia dopo una battuta di caccia amava sostare presso le fattorie per mangiare prodotti tipici con i contadini.
Roccaverano è un comune Piemontese di 392 abitanti della provincia di Asti, è famoso per essere la zona di produzione del formaggio detto Robiola di Roccaverano e per essere il comune astigiano ad altitudine più elevata, circa 800 metri sul livello del mare.
È la piccola capitale della Langa Astigiana, il paese più alto, circondato dalla chiostra di torri che hanno costituito per secoli la sua difesa, immerso tra i boschi, qui si respira la storia e si gusta il formaggio!
Diciamocelo, un buon formaggio è sempre ben accetto quando si sorseggia un buon vino, e qui è nata un’eccellenza, che abbiate davanti un calice di Barolo, Barbaresco, Dolcetto, Nebbiolo o Barbera, qualcosa da mettere sotto i denti non può mancare, certo i più sceglieranno magari una bruschetta al tartufo bianco d’Alba, altra eccellenza del territorio, ma chi la sa lunga sa che è a Roccaverano che si trova uno dei migliori formaggi del mondo: compatta ma cremosa, stagionata in foglie di vite o sotto la cenere, cavallo di battaglia di chef stellati, la robiola di Roccaverano è uno dei formaggi più amati al mondo.
Non ne assaggerete mai una uguale all’altra, tra le varie forme esiste una straordinaria varietà di sottili sapori che derivano dalle differenze di stagioni, terreno, altitudine…

La Robiola di Roccaverano




La Robiola di Roccaverano DOP è un formaggio caprino delle Langhe astigiane, a pasta molle, edè un presidio Slow Food.
È un formaggio a pasta fresca e tenera prodotto con solo latte di capra, o misto a pecora e vacca. che può essere consumato fresco maturato  4-10 giorni o leggermente maturo affinato oltre gli 11, lo si può produrre solo in alcuni Comuni della Provincia di Asti e di Alessandria, è un prodotto tutelato in ogni sede istituzionale secondo quanto previsto dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 13 gennaio 2006 pubblicato sulla G.U. n. 27 del 2 febbraio 2006.
Le capre vivono allo stato brado cibandosi di erbe e sterpaglie delle colline circostanti, perciò le differenze tra una Robiola e l’altra sono rilevanti: i fiori, le erbe e la flora batterica dei pascoli si trasferiscono nel formaggio, nel 1990 rimanevano soltanto 200 capi di capre di Roccaverano, ma ora proprio il rilancio del formaggio fatto con il loro latte ha dato l’avvio a importanti iniziative per la loro salvaguardia.
Nel 1899 il sacerdote Pistone scrisse di questo formaggio nelle cronache della parrocchia di Roccaverano, anche se le sue origine sarebbero da ricondurre molto più in là nel tempo, quando nel territorio si insediarono i celti liguri, l’isolamento del borgo e i terreni calcarei consentivano solo alle capre di pascolare libere, che necessitavano di terreni incolti e non di pascoli, così si è iniziato a mungerle per produrre formaggio, che in poco tempo ha iniziato a farsi conoscere in tutto il nord Italia, in Francia e Svizzera.
Nei primi giorni di maturazione la crosta è inesistente o con inizio di leggera fioritura bianca, affinato invece presenta una maggiore fioritura e la crosta si presenta rugosa e color giallo paglierino chiaro o tendente al rosso, il colore della pasta rimane sempre bianco e diventa più cremoso mano a mano che matura.

Via Giovanni Battista Giuliani, 29, 14053 Canelli AT


Località San Maurizio, 39, 12058 Santo Stefano Belbo CN

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