About me

L'arte è tutto ciò che nasce dal sogno, e plasmato dalle mani dell'uomo diventa realtà....

venerdì 29 aprile 2016

Finanziera 2.0

C'è una cornice poggiata al muro, è nuova, e se ne sta ancora per terra, non le ho ancora trovato un posto, in questi mesi ho rivoluzionato la mia camera, c'è una cosa che però trovo terribilmente triste in questa stanza, triste quanto la fiamma di una candela che consumata si spegne da sola, ho tante cornici, quasi tutte vuote; credo che alla fine, sia il fardello di ogni pittore, avere stanze invase da cornici vuote, tuttavia, per me, che pittrice non sono, e dipingo a tempo perso, trovo che sia una cosa davvero triste.
Da qualche parte c'è un dipinto che deve ancora nascere che ancora deve trovare la sua cornice, ed intanto che la cornice attende, rimane sola a prender polvere, vuota, in tutti i sensi, vuota come alcune persone, che spaventate dall'idea di non trovare la tela sulla quale dipingere la propria vita, si danno al primo poster che trovano.
Io riempio le mie con i sogni, con l'oro e le pietre preziose, con pigmenti che trovo in giro per il mondo durante i miei viaggi, e non mi importa più, se ci metto anni a finire una singola tela, non mi importa perchè so che quella tela, avrà percorso un tratto della mia vita con me, raccogliendo le cose preziose che ho trovato, e non sarà solo un dipinto, ma una pagina della mia storia, da guardare con il sorriso, mentre confortata da tutto quel "bello" raccolto durante il mio viaggio, mi addormento, cullata da polvere di stelle e gocce di rugiada.

La ricetta di oggi è liberamente ispirata alla finanziera Piemontese, riproposta però, in versione moderna, cotta sottovuoto ed a bassa temperatura, per un sapore unico ed una consistenza burrosa, il tutto impreziosito da caviale di salmone.
La ricetta della finanziera Piemontese, quella originale, e non questa liberamente modificata da me, è nata nel 1450, ed è, come dice il nome appunto, una tipica ricetta Piemontese, nata per riutilizzare gli scarti.
Come spesso accade, dopo esser nata come piatto povero, ha trovatoun gran successo su quelle dei nobili, si dice che sia proprio sulle tavole dell'elite Torinese dell'800, che ha preso il suo nome "finanziera", dal nome della giacca da cerimonia indossata dai nobili.

Finanziera 2.0








Sottovuoto, a bassa temperatura, dal tocco orientale dato dai funghi shitake e dalla salsa shoyu, con una sapidità inaspettata conferita dal caviale di salmone, e dalla freschezza del gel di sedano e dalla salsa verde molecolare.
Fiera di potervi raccontare questa mia nuiva ricetta.

Per 2 persone

Per le Creste di Gallo


4 creste di gallo
50 g di lardo di colonnata

Pulite, fiammeggiate e lavate le creste di gallo, tritate finemente il lardo di colonnata, unitelo alle creste, chiudetele sottovuoto e cuocetele a 80° per 4 ore.

Per le animelle


2 animelle di vitello
2 cucchiai di salsa di soia shoyu
4 funghi Shitake Asiamarket

Pulite le animelle prelessate e private del grasso, chiudetele sottovuoto con la salsa di soia ed i funghi Shitake fatti rinvenire in poca acqua calda.
Chiudetele sottovuote e cuocete a 85° per 4 ore.

Per il rognone


2 rognoni freschissimi
sale Grigio di Guèrande al Tartufo Bianco Shop Piemonte

Massaggiate i rognoni con il sale, chiudeteli sottovuoto e cuoceteli a 80° per 4 ore.

Per la gelatina di sedano


1 costa di sedano
1 foglio di colla di pesce
sale

Con l'estrattore di succhi estraete il succo di sedano, salatelo e filtratelo.
A parte, in poca acqua, sciogliete il foglio di colla di pesce precedentemete ammollato, quindi stemperetale in 400 ml di succo di sedano, trasferite in frigorifero ed attendete che si solidifichi.

Per la salsa verde molecolare


1 mazzetto di prezzemolo
100 g di parmigiano
mollica di pane ammollata
olio extra vergine d'oliva q.b
un cucchiaio di aceto di mele
1 tuorlo marinato 12 ore
sale e pepe

Unite tutti gli ingredienti nel boccale del frullatore ad immersione, frullate, unendo olio a filo, fino ad ottenere una salsa liscia ed omogenea.
Salate e pepate.

Componiamo il piatto


fiori di aglietto selvatico
caviale di salmone
olio extra vergine d'oliva
pepe nero
tartufo nero o bianchetto

Disponete uno specchio di salsa verde alla base del piatto, unite le creste di gallo, il rognone e le animelle tagliate a fettine, condite con un filo d'olio e con una spolverata di pepe.
Tagliate i funghi shitake ed uniteli al piatto, completate con aglietto selvatico, caviale di salmone e cubetti di gelatina di sedano poco prima di servire.
E' un piatto abbastanza complesso ed articolato, sazia e riempie, evitate di servirlo con una fonduta di formaggio 

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Contest 3

giovedì 28 aprile 2016

La chimica dell'Ostrica

Volevo iniziare questo post con paroloni tecnici e formule chimiche, ma poi, ho pensato che a volte fa bene farla breve, quindi non mi dilungherò, in pratica, il percè dell'abbinamento abbastanza inusuale di oggi, è semplice, Ostrica e Kiwi, per quanto diversi tra loro, condividono il 40% delle molecole che compongono il loro aroma, il che, se ci pensate è incredibile!
Letteralmente signica che un abbinamento tra loro è ciò che definiamo "matrimonio perfetto" o quasi, ma comunque hanno un 40% di compatibilità, perciò perchè non provare?
Quello che succede quando assaggiamo un cibo è pura chimica.
Per secoli è stata pura magia, poi, lo chef Heston Blumenthal ha creato ricette dagli accostamenti sorprendenti basandosi sulla chimica di ogni singolo alimento.
Sul sito FoodPairing potrete scoprire tantissimi accostamenti sorprendenti, è li che ho scoperto con quanti ingredienti è possibile abbinare un ostrica.
Restando in tema "ostriche", ormai lo avete capito che le amo così tanto da farne fuori a kg, e adesso che l'estate si avvicina, finalmente me ne tornerò sul mare al tramonto a gustarmele in buona compagnia, con un buon prosecco, comunque ho inaugurato una sezione "Ostriche Mon Amour", non so ancora quale sia il mio obbiettivo, comunque, e sicuramente, preparare le ostriche in almeno 100 modi diversi, poi vedremo...
Adesso vi lascio alla ricetta che ho ideato abbinando ostriche e kiwi.

Green Oyster



 Abbiate cura di scegliere dei Kiwi non troppo maturi, altrimenti risulteranno troppo dolci, a noi invece farà comodo quella nota leggermente aspra che hanno di solito.

Ho estratto il succo dei kiwi con un estrattore, unendolo, per far si che non risultasse troppo forte, a del succo, estratto sempre con l'estrattore, di sedano.



Ho acidulato con del succo di limone ed allungato con l'acqua filtrata delle ostriche.
Non contenta di ciò, ho voluto creare una riduzione di birra scura, per dare un gusto affumicato ed amarognolo, è si, affumicato, perchè prima ho pensato bene di affumicare il tutto, allora, cominciamo?

Per l'estratto di kiwi


150 g di polpa di kiwi
80 g di cuore di sedano bianco
succo di 1 limone
acqua filtrata di 10 ostriche

Unite nell'estrattore di succhi i vostri ingredienti ed estraetene il succo quindi tenete da parte.

Per la riduzione di birra scura affumicata


250 ml di birra scura*
finocchietto selvatico secco



Alla base di una pentola larga disponete un rettangolo di carta stagnola con i bordi rialzati.
Disponete la birra in un recipiente basso, dentro la pentola, date fuoco al finocchietto, mettetelo sulla carta stagnola e chiudete la pentola, ripetete l'operazione per 2 volte, affumicando per almeno 2 ore.

Riduzione


250 ml di birra scura
150 g di zucchero di canna
2 gocce di tabasco
1 presa abbondante di sale

Unite tutti gli ingredienti in un pentolino, mescolate bene e fate restringere sul fuoco fino ad ottenere uno scroppo, quindi aggiustate di sale.

Componiamo il piatto


sale nero delle Hawaii
primule bianche
cubetti di kiwi


Acidulate con succo di limone i cubetti di kiwi e salateli.
Disponete un ostrica in ogni piatto, unite quindi i cubetti di kiwi ed un poco del suo estratto, condite con qualche goccia di riduzione di birra affumicata e spolverate con il sale nero.
Guarnite con le primule e servite, per accompagnare potete preparare mozzarelline fritte, meglio se di bufala.

*Birra Scura

Ho utilizzato una birra a me cara, che ho comprato a Cherso, la terra da dove viene la mia famiglia, la
Karlovačko.



Partecipo a: Cooking with lemons  con questa ricetta partecipo al concorso organizzato da amalfilemonexperience.it/ e da Scatti Golosi


martedì 26 aprile 2016

Luna di Mare - ovvero: quando la Medusa è nel piatto

Quando ero piccola avevo paura dei temporali, non mi piaceva che un buio prematuro e graffiato ricoprise il giardino, impedendomi di vedere il verde, gli alberi, l'erba, tenendomi chiusa in casa, e così, mentre nonna preparava cena lasciando aperta la porta a soffietto del cucinotto, io rimanevo seduta sopra la grande davolarotonda di legno, con nonna che ogni tanto si affacciava e buttava un occhio, sia mai che io, dall'alto della mia goffaggine, rotolassi di sotto, ma ormai ero grandina per rotolare, e da quel tavolo non mi ci schiodava nessuno, avevo troppa paura.
Perciò trascorrevo interminabili minuti, che ancora oggi mi sembrano ore, a fissare il giardino, impaurita come una volpe in stagione di caccia, con le mani nascoste dentro le maniche, pronta a tapparmi gli occhi ad ogni lampo, pronta a tremare ad ogni tuono.
Non so bene perchè, ma ero convinta che, ogni qualvolta un lampo colpiva il terreno, si formava, figlio di quella misteriosa saetta, un grande orso bianco famelico, ho sempre avuto paura degli orsi, non chiedetempi perchè, ma nella mia testa mi ero fatta una storia tutta mia, riguardo la nascita degli orsi bianchi, e visto che erano bianchi come le nuvole, e forti come un tuono, non potevano che essere creatura figlie del cielo, perciò, erano le saette a portarli sulla terra.
Ho sempre avuto una fervida immaginazione.
Se è per questo, da piccola, ero anche convinta che le meduse non si mangiassero...

Luna di Mare


Ebbene si, l'ingrediente principale di qesto piatto è la medsa, che ho avuto il piacere di assaggiare, con una certa paura iniziale, più di una volta.
Chi l'ha assaggiata va dicendo che mangiare meduse sarà una cosa sempre più diffusa, e visto che pure loro sono sempre più diffuse, io ho messo da parte la paura di morire soffocata da un improvvisa medusa rediviva urticante e mi sono lasciata tentare dalla mia sfacciata curiosità.
Sa di mare, so che ve lo state chiedendo, no, non è affatto viscida, sa di mare come un fasolare, ed ha anche quansi la consistenza del fasolare, della lingua rossa per la precisione, è saporita, tendenzialmente neutra, si presta bene ad ogni tipo di accostamento, mi raccomando non seguite i consigli che trovate su internet che vi dicono di impastellarla e friggerla, la medusa è fatta praticamente solo di acqua, se la friggete otterrete un gran bel disastro.
Non fatevi sfiorare dall'idea di prendere il retino ed andare a pescarvela, per quanto lavorarla non sia difficile, non siete abbastanza esperti, e poi esistono una quantità impbarazzante di meduse diverse, affidatevi perciò ad un buon negoziante di fiducia, e preferite quella sotto sale, a quella in scatola, che ha un sapore forte di aceto ed una consostenza più gommosa.
Per il resto posso dirvi che è davvero una scoperta, il sapore è interessante, anche la consistenza, ed una volta assaggiata vi verranno in mente una marea di modi diversi per prepararla.
Il primo modo in cui ho voluto prepararla è, ovviamente, come al mio solito, un modo molto complesso,non potevo mica preparare mozzarelline fritte e medusa, no?
Ma non preoccupatevi, vi darò anche una ricetta assai più semplice da preparare, e, molto presto, anche i contatti per reperirla, qualora siate interessati ad assaggiarla.


Luna di Mare
ovvero
Quando la Medusa è nel piatto

Per la Medusa


1 medusa sotto sale

Dissalate la medusa in acqua dolce per circa 2 ore, tutto dipenderà dalla grandezza della medusa, se la dissalate troppo, per farle riprendere sapore, lasciatela riposare in acqa di mare.

Per la Spuma di mela verde e Borraggine


100 g di cime di borraggine sbollentate
200 ml di centrifuga di mela verde
100 ml di centrifuga di sedano
20 ml di limone
1 foglio di colla di pesce
sale e pepe




Ammollate il foglio di colla di pesce, a parte unite gli ingredienti rimasti nel boccale del frullatore ad immersione, frullate,fino ad ottenere una salsa liscia ed omogenea, salate e pepate.
Fate sciogliere a microonde per pochi secondi il foglio di colla di pesce, unitelo al composto, frullate ancora e passate al colino.
Versate nel sifone e caricate con una cartuccia, lasciate riposare in frigo con il beccuccio rivolto verso il basso.

Per la polvere di olio di semi di noci



maltodestrina
olio di noci
Unite i due ingredienti e frullate fino ad ottenere una polvere


Per la cialda di riso all'anice stellato



100 g di riso jasmine
3 bacche di anice stellato

Cuocete in abbondante acqua salata il riso insieme alle bacche di anice stellat, quindi scolate e frullate tutto.
Disponete un velo di purea ottnuta su un foglio di silicone, trasferite in forno ad essiccare a 60°.

Assembliamo il piatto


Mela verde
cetrioli
fiocchi di alghe wakame
fiori di borraggine
foglia d'oro Mario Berta Battiloro

Disponete una mezza luna di polvere di olio di noci, alternate quindi spumini di salsa verde, triangoli di mela verde, listarelle di medusa, semisfere di cetrioli, cialde di riso e borraggine.
Spolverate con fiocchi di wakame.
Decorate con fiocchi di foglia d'oro. 


lunedì 25 aprile 2016

Baccalà al vapore di rose su Cremoso di Tartufino e Cannellini

Esiste una piccola regola non scritta, in base a cui "se non hai vissuto non puoi raccontare", per anni, questa infida regola serpeggiava tra giornalisti e scrittori, saltando di bocca in bocca come un grillo inseguito da un gatto, ed anche se nessuno la pronunciava, riusciva comunque ad insinuarsi nelle menti degli scrittori più puntigliosi, può effettivamente bastare la fantasia, o per descrivere un'emozione, occorre viverla?
Non è forse per questo che i migliori scrittori della storia scrivevano parole che laceravano le pagine fino a darci fuoco all'anima?
Perchè il loro modo di vivere le emozioni era forte ed intenso, e quelle cose, le emozioni, le sensazioni, erano tangibili e visibili davanti ai loro occhi, come lo era il vento per Van Gogh.
Non vivere qualcosa, che sia un'avventura oppure una semplice emozione, può sminuire il nostro modo di descriverla?
Ho visto così tanti film che penso di saper descrivere come sia buttarsi con il paracadute, ho letto così tanti libri che ormai so come ci si sente in mezzo alla tempesta, ma lo so veramente?
In ogni caso, la miglior esperienza che si possa fare è vivere.
Buttarsi, rischiare, lasciarsi andare, vivere quelle emozioni che tanto ci fanno paura, fino a vederle disegnate a mezz'aria, come tante pennellate dorate, come il mondo si lasciava guardare da Van Gogh.
Io vedo la mia vita, la mia esistenza, e la mia essenza, come se fossero una barca, ma non una barchetta di quelle che vedete ormeggiate al moletto mentre passeggiate, mentre i pescatori riparano le reti, no, un veliero, di quelli grandi e di legno, di quelli con le vele stracciate e rattoppate dalle troppe tempeste passate, che lo fanno essere niente di più se non un vascello che si rispetti, o, quantomeno lo fanno essere esattamente ciò che ci si aspetta da un vascello.
Lo vedo, con le alghe verdi incrostate sulla chiglia e sullo scafo, perchè per quanto capitano della mia nave, sono sola, senza equipaggio, e per non trascurare la rotta, qualcosa dovrò pr lasciare indietro.
Mi immagino, sdraiata sul ponte, mentre a volte divento parte della nave, con i capelli, che, bianchi di sale, si fondono come tentacoli con il legno scuro mangiato dal mare, sento i pennoni scricchiolare, e i gabbiani che sembrano brillare di luce propria contro un cielo di grigio acquarello in cui le nuvole scorrono troppo veloci.
Sento il vento, che sa di sale, guardo l'abisso, che sembra portarti giù anche solo riflettendo il tuo sguardo, e prendo il mare.
In questi anni, sul mio veliero immaginario, mi sono fatta un sacco di problemi, correvo da una parte all'altra, rattoppavo le vele, cercavo la terra ed un porto sicuro come una disperata, mi arrampicavo sull'albero di mezza anche durante la tempesta, in cerca di un posto riparato dove poter calare l'ancora, ma niente, ero a bordo di un vascello maledetto, ed io ero un capitano senza una mappa, senza un equipaggio e senza un ombra di terra all'orizzonte.
Perciò, un giorno, ho fatto l'unica cosa folle che un pazzo scriteriato avrebbe fatto, mosso dalla disperazione di non vedere altro che la spumosa schiuma bianca delle onde in mezzo ad un mare che sembrava non finire mai, invece di cercare un porto dove calare l'ancora, mi sono liberata di quella zavorra inutile, tanto terra all'orizzonte non c'era mai, era inutile avere un'ancora a bordo, tanto, senza equipaggio, senza legno di ricambio, senza più pece e stoffa, a cosa mai mi sarebbe servita un'ancora, se non a virare su me stessa o provare ad affondarmi meglio?
Perciò mi sono liberata di quella cosa inutile, ed ho urlato alla tempesta, che se voleva poteva pure prendermi, non mi importava più, e così è successo tutto, ho allargato le braccia, pronta ad essere sovrastata dalle onde, ma, invece di affondare, la tempesta mi ha guardata negli occhi, togliendomi il respiro, trafiggendomi come una lama immaginaria, uccidendo quella me fatta di vuoti e lamenti, mi è entrata dentro e li è rimasta, ho annaspato, riempiendo avidamente i polmoni con quello che sembrava il primo respiro d'aria della mia vita, dolce e salato come il respiro di chi riemerge dagli abissi dopo essersi dato per spacciato, ho respirato avidamete, fino a farmi bruciare i polmoni, i miei occhi erano bianchi di sale e grigi come la tempesta, la mia pelle era diventata brillante e traslucida come schiuma di mare, i miei capelli erano diventati raggi di un cupo sole imprigionati da cunicoli di vento, in un attimo mi ero dissolta, ed ero rinata, io ero tempesta, non eravamo più "io e lei", ma una cosa sola, e non mi serviva più un porto dove attraccare, o un'ancora per stare ferma in mezzo al mare, io ero la mia nave, io ero la tempesta, le onde si infrangevano sullo scafo senza più scalfirlo, le vele prendevano il vento anche se di stoffa ormai ne era rimasta poca, il ponte si rinvigoriva quando l'acqua lo lisciava, come se fosse vivo, come se io e la mia nave ci cibassimo di onde, di sale, di mare e di tempesta; un motore perpetuo, una vita passata ad affrontare di petto quel vento che ormai non mi faceva più paura, quel vuoto enorme, quell'abisso che avevo dentro, finalmente colmato, quel freddo che sentivo sparito,a volte ci vuole veramente una vita a capire che non conta la meta, quanto il viaggio...


Ecco la mia seconda ricetta facente parte del menù che ho ideato con i prodotti della storica Fattoria Il Palagiaccio, per il contest Latti da Mangiare 2.0, ieri vi ho dato la ricetta dell'antipasto: Gelato Blu di Mugello in cialda di noci, oggi vi scriverò quella del secondo, una ricetta insolita e delicata dove il formaggio Tartufino delle storica fattoria, la fa da padrone, ingentilito da un goccio di latte fresco intero, sempre della Fattoria.

Menù 

Antipasto

Secondo 

Baccalà al vapore di rose su Cremoso di Tartufino e Cannellini
 

 
 Baccalà al vapore di rose su Cremoso di Tartufino e Cannellini
 


 Per il Baccalà


  
500 g di baccalà dissalato
500 g di tisana di rose
scorza di 1 limone
sale nero delle hawaii
 
Salate il baccalò e massaggiatelo con la scorza gattugiata del limone, cuocetelo a vapore con la tisana di rose, ottenuta lasciando in infusione 100 g di petali di rose fresche non trattate, e 2 cucchiai colmi di roselline secche. 

Per il Cremoso di Tartufino e Cannellini
 

100 g di cannellini precedentemente ammollati e lessati
100 g di latte fresco intero
50 g di farina di mandorle
sale
pepe
 
Grattugiate il formaggio tartufino, unitelo al latte e lasciatelo cuocere a fiamma dolce in un pentolino dal fondo spesso mescolando costantemente.
Quando il formaggio sarò sciolto unite i cannellini e la farina di madorle e frullate con il frullatore ad immersione, salate e pepate.

Componiamo il piatto
 

Legumi misti lessati (ceci neri, cannellini, fagioli con l'occhio...)
petali di rosa
sale nero delle hawaii
riccioli di scorza di limone
lamelle di mandorle 

 
Disponete uno specchio di cremoso di Tartufino sul fondo del piatto, adagiatevi sopra il baccalà al vapore, i legumi lessati, il sale e la scorza di limone, ultimate con un filo d'olio alla Rosa e lamelle di mandorle.
Decorate con un petalo di rosa rossa.


 
 

domenica 24 aprile 2016

Gelato Blu di Mugello in cialda di noci

Non so assolutamente, come ormai la maggior parte delle volte, come iniziare questo post; nonostante io non sfiori ancora i trent'anni ho un debole per la carta e la penna più che per la tastiera del mio pc, la mia è un'anima antica, o almeno, ciò che ne resta, dipendesse da me, mi ritrovereste a fare l'eremita, sperduta da qualche parte in un bosco equidistante tra montagna e mare, trascorrerei le mie giornate a coltivare il mio orto, a mungere le mie caprette ed a far formaggio; molto più probabilmente mi ritrovereste sull'isola da cui viene la mia famiglia, anzi, se un giorno sparisco, cercatemi li, come una rondine torna sempre a casa, io tornerò sempre li, abbandonandola nei periodi di tempesta solo per esplorare il mondo.
Ho un modo particolare e tutto mio, di vivere la vita, sono una persona melanconica, che si aggrappa a tutto ciò che le è stato strappato troppo presto, ascolto avidamente le parole di chi ha vissuto ed ha visto quelle cose che i giovani non fanno più, faccio tesoro di quelle storie che ormai non si sentono più.
Discendo da isolani, e mi sento lontana dal resto dei miei coetanei, come lo è un'isola vista all'orizzonte, in un giorno di foschia, sto bene nella mia solitudine, passo il mio tempo a dipingere, leggere e scrivere, ed a cercare di fare quelle cose che purtroppo, i miei nonni non hanno avuto tempo di insegnarmi.
Sono una di quelle persone che si sente in pace quando sente il fischio delle rondini, e che affonda le sue radici in terre lontane, quelle dei miei nonni, nati in quelle affascinanti terre del Carso, cave come una groviera, fatte di boschi impenetrabili, cime rocciose e mare azzurro, solo lì mi sento a casa, nella casa di pietra, ormai diroccata di mia nonna, arrampicandomi come una capretta sulle rocce, ad inseguire pecore ed agnelli che brucano la salvia selvatica.
Mi sono sempre sentita fuori posto, nella mia città, io mi crogiolo nella mia solitudine, immersa nella natura, a ricercare nuove emozioni per creare la mia arte, a trascorrere ore sotto il sole che sembra non bruciarmi solo quando cerco piante selvatiche, a leggere libri acciambellata tra le radici dell'albero più nodoso e vecchio che trovo, li leggo avidamente, come se fossero finestre per altri mondi, mi inoltro sempre un po' più in là, a cercare sempre il posto più alto da dove guardare il mondo, forse è per questo che solo nella terra dei miei avi, io mi sento veramente a casa.
Il mio essere troppo bionda, troppo bianca, e con gli occhi troppo azzurri, ha contribuito a lasciarmi ancora più isolata, in questa terra solare e mediterranea che è la Toscana, "sbiadita" rispetto al paesaggio circostante, un ombra, un ricordo di un qualcosa di passato, solo quando cucino io mi accendo, letteralmente, mi si illuminano gli occhi, e mi batte forte il cuore, inizio a fremere come le piume di un uccellino al vento, e ad esser felice, come se ogni volta, ad ogni ricetta, iniziasse una nuova avventura.


Forse è proprio per questo, che ogni ricetta che invento la sento mia come se fosse un'avventura che ho vissuto, e forse è anche per questo che ogni volta cerco di trasmettere qualcosa, perchè non voglio che sia una semplice ricetta, ma un viaggio, perchè ogni viaggio ha dietro una storia; prendete, ad esempio, un bel pezzo di formaggio su un tagliere, e consideratelo per quello che è: un viaggio.
Immaginate le colline verdi, il profumo di fieno, le mucche al pascolo, le mani di uomini esperti che da generazioni lavorano il latte per trasformarlo in formaggio, pensate al momento in cui la cagliata si separa dal siero, e quello in cui quel latte prende letteralmente forma, immaginate adessso i campi che diventano dorati, l'autunno che avanza e le chiome degli alberi che si infiammano, formando al suolo soffici tappeti multicolori di foglie cadute, pensate all'aria frizzante, a quella forma di formaggio ed al suo profumo, al suo viaggio fino alla tavola, alla famiglia riunita che con un bicchiere di vino novello, ed una piccia di pane appena sfornata che profuma di legno di castagno, imaginate il nonno che si alza da tavola, taglia una fetta e si prepara a gustarsi quel formaggio.
Le cose semplici della vita per me sono arte e poesia: il pane appena sfornato, le forme di formaggio a stagionare, l'uva pestata in attesa di diventare vino, la carne salata appesa ad essiccare...
La nostra storia, la storia dei nostri nonni e delle nostre tradizioni, raccontata attraverso i sapori ed i profumi di un tempo, che non cambieranno mai, che ogni volta prepariamo meticolosamente alla stessa maniera, come se fosse un rito, come se dietro ogni tino di vino, forma di formaggio e salatura di un pezzo di carne, si nascondesse un incantesimo segreto, dettato dalla natura e scritto con le mani dei nostri avi, un rito che nasce dalla terra, passa per il duro lavoro, ed ogni volta finisce a tavola, a condividere la magia con le persone che amiamo.
Un tempo amavo le feste, quando ancora la mia famiglia era numerosa, quando ancora c'era tempo e forza di svegliarsi all'alba, e mia nonna preparava, instancabile e silenziosa, tavolate di gnocchi, impastando ed infarinando come se fosse la cosa più naturale del mondo, era fragile e leggera come un cardellino mia nonna, candida come una colomba, con la pelle morbida e rosea come una pesca non ancora matura, e mentre lei, preparava il pranzo, io giocavo nel prato bagnato di rugiada, aspettando che il sole venisse ad asciugarlo, mentre mio nonno, forte come un leone, spaccava legna per fare il fuoco come se fosse fatta di crosta di pane, poi spariva in quella che lui chiamava "la baracca", quattro mura che lui stesso aveva tirato su per riporre durante l'inverno, le conserve di pomodore, le marmellate preparate con la frutta dei nostri alberi, ed i formaggi a stagionare, insieme ad altre provviste per l'inverno; e ritornava con una forma di formaggio, un fiasco di vino, un barattolo di acciughe sotto sale, uno di filetti di pomodoro...
Mi piaceva quel mondo, dove ancora la mia vita si poteva chiamare infanzia, e dove non conoscevo nè dolore, nè sofferenza, ma solo quella confortevole abitudine di radunanarsi poi intorno al fuoco ormai diventato cenere, ed ascoltare i racconti di quando nonno era bambino.

Il formaggio per noi non è mai strato un "contorno", o un modo per saziarsi tagliandolo a striscioline e mangiandolo così, tanto per fare, al formaggio si porta rispetto, perchè ha avuto una lunga storia, e perchè per ottenerlo ci vuole tempo, pazienza e dedizione, ci vogliono tutti gli elementi, l'acqua, la terra, il fuoco e l'aria, il formaggio si mangiava a fine o inizio pasto, qualche fetta di pane, giusto per accompagnare, ma era e doveva rimanere il protagonista.
A casa nostra il formaggio non è mai stato quello da grattare sulla pasta, ma quella cosa preziosa da degustare in compagnia, ed accompagnare con pane appena sfornato, frutta appena colta d'estate, o frutta secca l'inverno, lasciata seccare al sole settembrino.
E dato che era il re della tavola, era spesso utilizzato in cucina, ma doveva rimanere il protagonista indiscusso del piatto, come se ogni cosa fosse una fonduta di formaggio, ecco perchè, per il contest Latti da Mangiare 2.0, ho deciso di sposare questa tradizione al mio estro, e creare un menù dove il formaggio è l'indiscusso protagonista, ma in un modo tutto suo, innovativo e moderno.


Menù 

Antipasto

Gelato Blu di Mugello in cialda di noci

 


Secondo 

Baccalà al vapore di rose su Cremoso di Tartufino e Cannellini


 
Gelato Blu di Mugello



300 ml di latte intero fresco

150 ml di panna fresca

1 albume


40 g di glucosio anidro

200 g di blu del Mugello
1 presa di sale
 
Unite tutti gli ingredienti tranne l'albume, in un pentolino a bordi alti, e lasciate che il blu del Mugello si fonda a fuoco molto dolce.
m
Mescolate costantemente e togliete dal fuoco, fate raffreddare completamente, quindi unite l'albume leggermente sbattuto e trasferite nella gelatiera.

Per le Cialde


280 g di farina
80 g di zucchero di canna
90 g di olio di semi di girasole
200 g di acqua minerale
1/2 cucchiaino di sale
70 g di farina di gherigli di noce
Unite tutti gli ingredienti e frullate con le fruste fino ad ottenere un composto liscio e senza grumi.
Scaldate il ferro per cialde, pennellatelo con poco olio di semi e disponetevi un cucchiaio di impasto, cuocete 20 secondi per parte, quindi sformate ed arrotolate immediatamenter, facendo molta attenzione a non bruciarvi.
Componiamo in piatto
Disponete nei coni di cialda una pallina di gelato al Blu di Mugello, servite in tavola con diversi "topping" in modo da rendere il tutto più divertente, così facendo ogni commensale potrà crearsi il proprio abbinamento, io ho scelto di servire accompagnando con:

 
Granella di Noci
riccioli di cioccolato fondente extra al 90%
Polvere Croccante di pancetta



 


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