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domenica 24 aprile 2016

Gelato Blu di Mugello in cialda di noci

Non so assolutamente, come ormai la maggior parte delle volte, come iniziare questo post; nonostante io non sfiori ancora i trent'anni ho un debole per la carta e la penna più che per la tastiera del mio pc, la mia è un'anima antica, o almeno, ciò che ne resta, dipendesse da me, mi ritrovereste a fare l'eremita, sperduta da qualche parte in un bosco equidistante tra montagna e mare, trascorrerei le mie giornate a coltivare il mio orto, a mungere le mie caprette ed a far formaggio; molto più probabilmente mi ritrovereste sull'isola da cui viene la mia famiglia, anzi, se un giorno sparisco, cercatemi li, come una rondine torna sempre a casa, io tornerò sempre li, abbandonandola nei periodi di tempesta solo per esplorare il mondo.
Ho un modo particolare e tutto mio, di vivere la vita, sono una persona melanconica, che si aggrappa a tutto ciò che le è stato strappato troppo presto, ascolto avidamente le parole di chi ha vissuto ed ha visto quelle cose che i giovani non fanno più, faccio tesoro di quelle storie che ormai non si sentono più.
Discendo da isolani, e mi sento lontana dal resto dei miei coetanei, come lo è un'isola vista all'orizzonte, in un giorno di foschia, sto bene nella mia solitudine, passo il mio tempo a dipingere, leggere e scrivere, ed a cercare di fare quelle cose che purtroppo, i miei nonni non hanno avuto tempo di insegnarmi.
Sono una di quelle persone che si sente in pace quando sente il fischio delle rondini, e che affonda le sue radici in terre lontane, quelle dei miei nonni, nati in quelle affascinanti terre del Carso, cave come una groviera, fatte di boschi impenetrabili, cime rocciose e mare azzurro, solo lì mi sento a casa, nella casa di pietra, ormai diroccata di mia nonna, arrampicandomi come una capretta sulle rocce, ad inseguire pecore ed agnelli che brucano la salvia selvatica.
Mi sono sempre sentita fuori posto, nella mia città, io mi crogiolo nella mia solitudine, immersa nella natura, a ricercare nuove emozioni per creare la mia arte, a trascorrere ore sotto il sole che sembra non bruciarmi solo quando cerco piante selvatiche, a leggere libri acciambellata tra le radici dell'albero più nodoso e vecchio che trovo, li leggo avidamente, come se fossero finestre per altri mondi, mi inoltro sempre un po' più in là, a cercare sempre il posto più alto da dove guardare il mondo, forse è per questo che solo nella terra dei miei avi, io mi sento veramente a casa.
Il mio essere troppo bionda, troppo bianca, e con gli occhi troppo azzurri, ha contribuito a lasciarmi ancora più isolata, in questa terra solare e mediterranea che è la Toscana, "sbiadita" rispetto al paesaggio circostante, un ombra, un ricordo di un qualcosa di passato, solo quando cucino io mi accendo, letteralmente, mi si illuminano gli occhi, e mi batte forte il cuore, inizio a fremere come le piume di un uccellino al vento, e ad esser felice, come se ogni volta, ad ogni ricetta, iniziasse una nuova avventura.


Forse è proprio per questo, che ogni ricetta che invento la sento mia come se fosse un'avventura che ho vissuto, e forse è anche per questo che ogni volta cerco di trasmettere qualcosa, perchè non voglio che sia una semplice ricetta, ma un viaggio, perchè ogni viaggio ha dietro una storia; prendete, ad esempio, un bel pezzo di formaggio su un tagliere, e consideratelo per quello che è: un viaggio.
Immaginate le colline verdi, il profumo di fieno, le mucche al pascolo, le mani di uomini esperti che da generazioni lavorano il latte per trasformarlo in formaggio, pensate al momento in cui la cagliata si separa dal siero, e quello in cui quel latte prende letteralmente forma, immaginate adessso i campi che diventano dorati, l'autunno che avanza e le chiome degli alberi che si infiammano, formando al suolo soffici tappeti multicolori di foglie cadute, pensate all'aria frizzante, a quella forma di formaggio ed al suo profumo, al suo viaggio fino alla tavola, alla famiglia riunita che con un bicchiere di vino novello, ed una piccia di pane appena sfornata che profuma di legno di castagno, imaginate il nonno che si alza da tavola, taglia una fetta e si prepara a gustarsi quel formaggio.
Le cose semplici della vita per me sono arte e poesia: il pane appena sfornato, le forme di formaggio a stagionare, l'uva pestata in attesa di diventare vino, la carne salata appesa ad essiccare...
La nostra storia, la storia dei nostri nonni e delle nostre tradizioni, raccontata attraverso i sapori ed i profumi di un tempo, che non cambieranno mai, che ogni volta prepariamo meticolosamente alla stessa maniera, come se fosse un rito, come se dietro ogni tino di vino, forma di formaggio e salatura di un pezzo di carne, si nascondesse un incantesimo segreto, dettato dalla natura e scritto con le mani dei nostri avi, un rito che nasce dalla terra, passa per il duro lavoro, ed ogni volta finisce a tavola, a condividere la magia con le persone che amiamo.
Un tempo amavo le feste, quando ancora la mia famiglia era numerosa, quando ancora c'era tempo e forza di svegliarsi all'alba, e mia nonna preparava, instancabile e silenziosa, tavolate di gnocchi, impastando ed infarinando come se fosse la cosa più naturale del mondo, era fragile e leggera come un cardellino mia nonna, candida come una colomba, con la pelle morbida e rosea come una pesca non ancora matura, e mentre lei, preparava il pranzo, io giocavo nel prato bagnato di rugiada, aspettando che il sole venisse ad asciugarlo, mentre mio nonno, forte come un leone, spaccava legna per fare il fuoco come se fosse fatta di crosta di pane, poi spariva in quella che lui chiamava "la baracca", quattro mura che lui stesso aveva tirato su per riporre durante l'inverno, le conserve di pomodore, le marmellate preparate con la frutta dei nostri alberi, ed i formaggi a stagionare, insieme ad altre provviste per l'inverno; e ritornava con una forma di formaggio, un fiasco di vino, un barattolo di acciughe sotto sale, uno di filetti di pomodoro...
Mi piaceva quel mondo, dove ancora la mia vita si poteva chiamare infanzia, e dove non conoscevo nè dolore, nè sofferenza, ma solo quella confortevole abitudine di radunanarsi poi intorno al fuoco ormai diventato cenere, ed ascoltare i racconti di quando nonno era bambino.

Il formaggio per noi non è mai strato un "contorno", o un modo per saziarsi tagliandolo a striscioline e mangiandolo così, tanto per fare, al formaggio si porta rispetto, perchè ha avuto una lunga storia, e perchè per ottenerlo ci vuole tempo, pazienza e dedizione, ci vogliono tutti gli elementi, l'acqua, la terra, il fuoco e l'aria, il formaggio si mangiava a fine o inizio pasto, qualche fetta di pane, giusto per accompagnare, ma era e doveva rimanere il protagonista.
A casa nostra il formaggio non è mai stato quello da grattare sulla pasta, ma quella cosa preziosa da degustare in compagnia, ed accompagnare con pane appena sfornato, frutta appena colta d'estate, o frutta secca l'inverno, lasciata seccare al sole settembrino.
E dato che era il re della tavola, era spesso utilizzato in cucina, ma doveva rimanere il protagonista indiscusso del piatto, come se ogni cosa fosse una fonduta di formaggio, ecco perchè, per il contest Latti da Mangiare 2.0, ho deciso di sposare questa tradizione al mio estro, e creare un menù dove il formaggio è l'indiscusso protagonista, ma in un modo tutto suo, innovativo e moderno.


Menù 

Antipasto

Gelato Blu di Mugello in cialda di noci

 


Secondo 

Baccalà al vapore di rose su Cremoso di Tartufino e Cannellini


 
Gelato Blu di Mugello



300 ml di latte intero fresco

150 ml di panna fresca

1 albume


40 g di glucosio anidro

200 g di blu del Mugello
1 presa di sale
 
Unite tutti gli ingredienti tranne l'albume, in un pentolino a bordi alti, e lasciate che il blu del Mugello si fonda a fuoco molto dolce.
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Mescolate costantemente e togliete dal fuoco, fate raffreddare completamente, quindi unite l'albume leggermente sbattuto e trasferite nella gelatiera.

Per le Cialde


280 g di farina
80 g di zucchero di canna
90 g di olio di semi di girasole
200 g di acqua minerale
1/2 cucchiaino di sale
70 g di farina di gherigli di noce
Unite tutti gli ingredienti e frullate con le fruste fino ad ottenere un composto liscio e senza grumi.
Scaldate il ferro per cialde, pennellatelo con poco olio di semi e disponetevi un cucchiaio di impasto, cuocete 20 secondi per parte, quindi sformate ed arrotolate immediatamenter, facendo molta attenzione a non bruciarvi.
Componiamo in piatto
Disponete nei coni di cialda una pallina di gelato al Blu di Mugello, servite in tavola con diversi "topping" in modo da rendere il tutto più divertente, così facendo ogni commensale potrà crearsi il proprio abbinamento, io ho scelto di servire accompagnando con:

 
Granella di Noci
riccioli di cioccolato fondente extra al 90%
Polvere Croccante di pancetta



 


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